Il " legno dolcissimo" delle Croce
di Don Tonino Bello
Vi
dispiace se, per più di una volta, fermerò la vostra attenzione sul “legno
dolcissimo” della croce che noi, come dice Paul Claudel (poeta francese) non
siamo chiamati a piallare, ma sul quale siamo chiamati a salire? Ascoltatemi,
allora. E perdonatemi se parlo con immagini: è perché si fissi più
profondamente nell’anima lo spessore dei nostri tradimenti. Se è vero che la croce
è l’unità di misura di ogni impegno cristiano, dobbiamo fare attenzione a un
grosso pericolo che stiamo correndo: quello che san Paolo, scrivendo ai
Corinzi, chiama l’evacuazione della croce. Che non significa disprezzo della
croce, o rifiuto della croce, o irrisione della croce. No. Non c’è nessuno di
noi che non parli con eloquenza del “legno santo”, o che in Quaresima non
canti, con tutta l’anima, il “Vexilla regis” o, il venerdì santo, non intoni
l’inno “Crux fidelis”. La croce rimane sempre al centro delle nostre
prospettive. Ma noi vi giriamo al largo. Troppo al largo. Prendiamo una
extramurale lontanissima dal colle dove essa s’innalza. È come quando, in
viaggio, si sfiora una città passando dalla tangenziale. Mentre l’automobile
corre lungo la strada, si dà ogni tanto un’occhiata ai campanili che si ergono
e alle torri che svettano. Ma poi tutto finisce lì.
Purtroppo, la nostra vita cristiana non incrocia il Calvario. Non s’inerpica sui tornanti del Golgota. Passa “di striscio” dalle pendici del luogo del cranio. Come i Corinzi anche noi, la croce, l’abbiamo “inquadrata” nella cornice della sapienza, e nel telaio della sublimità della parola. L’abbiamo attaccata con riverenza alle pareti di casa nostra, ma non ce la siamo piantata nel cuore. Pende dal nostro collo, ma non pende sulle nostre scelte. Le rivolgiamo inchini e incensazioni in chiesa, ma ci manteniamo agli antipodi della sua logica. L’abbiamo isolata, sia pure con tutti i riguardi che merita. È un albero nobile che cresce su zolle recintate. Nel centro storico delle nostre memorie religiose. All’interno della zona archeologica dei nostri sentimenti. Ma troppo lontano dalle strade a scorrimento veloce che battiamo ogni giorno.
Dobbiamo ammetterlo con amarezza. Abbiamo scelto la circonvallazione e non la mulattiera del Calvario. Abbiamo bisogno di riconciliarci con la croce e ritrovare, sulla carta stradale della nostra esistenza paganeggiante, lo svincolo giusto che porta ai piedi del condannato!
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